IL VALZER DEI FIOCCHI DI NEVE di Manuela Chiarottino



L’unica cosa che ho sempre desiderato fare nella vita è diventare una ballerina di danza classica.
La prima volta che lo pensai potevo avere sei anni: mia madre mi portò a teatro, ad assistere a un balletto, e quando sentii le prime note del Valzer dei fiocchi di neve e vidi le ballerine uscire sul palco, così eteree nei loro tutù di nuvola, il mio cuore iniziò a battere più forte. Sognavo di ricevere anch’io uno schiaccianoci che si trasformava magicamente in un meraviglioso principe, ma ancora di più sognavo di poter danzare leggera come una piuma.
Sono anni che studio, con impegno e sacrificio, rinunciando ai divertimenti che vivono le altre ragazze della mia età, sacrificando l’amore. Anche questa sera, mentre tutti progettano come festeggiare il Capodanno, io sarò in teatro a provare lo spettacolo di fine anno.
Il viale è interamente illuminato e ovunque brillano le luci di Natale. Scendo dal bus di corsa, il gelo ha rallentato il traffico e sono davvero in ritardo, lungo i bordi delle strade è ancora ammucchiata la neve caduta nei giorni scorsi e ci sono zone che sembrano lastre di ghiaccio. Cammino con cautela, ma è davvero tardi e faccio qualche passo con affanno quando… il piede scivola in avanti, cerco di ritrovare l’equilibrio ma è tutto inutile e cado a terra con un tonfo sordo.

Buio. Freddo. Freddo sul viso, come tante minuscole carezze fatte da dita ghiacciate.
Apro gli occhi e vedo delle persone chinate su di me che mi osservano con aria preoccupata. Pulisco il viso dai fiocchi di neve e cerco di sorridere per dimostrare che sto bene, quando qualcuno allunga una mano per aiutarmi e io l’afferro.
È calda. È morbida. È forte.
Le altre persone si allontanano e rimane solo un ragazzo, che mi scruta con due incredibili occhi neri, mentre ancora stringe la mia mano.
Ha dei jeans e una giacca da sera in velluto blu, chiusa con alamari, sembra l’uniforme di un ufficiale. Lunghi capelli neri fuoriescono da un colbacco scuro. Mi ricorda qualcosa, qualcuno, ma sono confusa e mi rendo conto che non sto così bene come credevo.

«Come ti senti?» chiede con una voce calda, scrutando il mio viso.
«Mi gira un po’ la testa, penso di aver preso una bella sculacciata a terra» abbozzo un sorriso, mentre con la mano massaggio le parti basse.
«Mi spiace. Forse è meglio che prendi un caffè caldo e ti riposi un attimo, che ne dici? Possiamo andare in quel bar» indica un locale dall’altra parte della strada.
Credo di stare dimenticando qualcosa ma ho davvero bisogno di sedermi e sorseggiare qualcosa di caldo.
«Sì, d’accordo.»
Faccio per attraversare ma lui riprende la mia mano.
«La strada è ghiacciata e tu sei sotto la mia responsabilità adesso, almeno fino a quando ti riprenderai del tutto.»
Scuoto la testa per dire che non è il caso ma lui non mi molla e così cedo; in fondo non mi dispiace mantenere questo contatto morbido e caldo.
Scegliamo un tavolino vicino al finestrone, di lato un albero di Natale ci illumina con tutti i colori lampeggianti delle sue decorazioni, mentre fuori i fiocchi sembrano cadere con più frequenza. Mi appoggio allo schienale della sedia tenendo la tazza calda tra le mani, nell’aria un confortevole tepore, ma non è la stufa al centro della stanza che mi sta facendo arrossare le guance. Hans, così ha detto di chiamarsi, mi osserva con così tanta intensità che potrei sciogliermi come un soldatino di piombo.
«Come mai sei vestito così? È particolare…» domando incuriosita.
«Stavo andando alla festa di un amico, in un locale che si chiama “Il regno delle bambole” e volevo indossare qualcosa di originale. E tu, principessa?»
«Perché mi hai chiamato così?»
«Perché sei bella come una principessa»
Ecco, mi sento eterea e leggera come un petalo di rose e tutto per quel sorriso che mi spacca in due. Se arrossisco ancora sembrerò una sciocca.
«Io stavo… stavo… credo che la botta in testa abbia fatto effetto, perché non ricordo, ma…» guardo la borsa che ho con me, qualcosa spunta dall’angolo come un fiore tra le rocce, un tulle evanescente che sembra prendere vita colpito dai riflessi delle luci argentate.
D’improvviso ricordo.
«Oh no, le prove! Che stupida, devo correre via!»
«Sicura?» ribatte preoccupato «Guarda fuori.»
I fiocchi sono spessi e pesanti, la strada è un manto bianco e tutto sembra stia andando al rallentatore. Dovevo prendere ancora un tram per arrivare: non riuscirò mai a fare in tempo.
«C’erano le prove del balletto.»
«Sicura che gli altri siano arrivati?» domanda serio, accarezzando il colbacco posato sul tavolo tra noi due.
«No, forse…»
Prendo il cellulare e scrivo un messaggio sul gruppo di danza. Man mano appaiono le risposte: chi è ancora in casa, chi bloccato in auto, solo tre sono a teatro ma stanno uscendo per rientrare, anche il maestro è rimasto bloccato dalla neve. Le prove sono sospese fino a dopodomani.
Hans mi guarda interrogativo.
«Prove sospese» lo informo «e la tua festa?»
Si stringe nelle spalle.
«Festa sospesa, almeno per me» sorride sfiorandomi la mano e il mio cuore ha un sussulto.
Rimaniamo lì, ad accarezzarci con gli sguardi, parlando di tutto o forse di niente, perché l’unica cosa che vedo sono i suoi occhi di carbone e l’unica cosa che sento è il suono avvolgente della sua voce. Il locale si sta svuotando, prima o poi dovremo alzarci e io dovrò correre a prendere il bus per il ritorno. Lo dico a malincuore, soffrendo già all’idea di lasciarlo.
«Vuoi sfidare la neve per una passeggiata, Juliette? Potrei accompagnarti fino a casa.»
«Sei pazzo?» rido.
«Forse. La neve per me è una magia e questa notte è sicuramente la più magica di tutte.»
«Perché?»
«Perché ti ho incontrato.»

Usciamo dal locale, Hans ha gli occhi che luccicano come quelli di un bambino il giorno di Natale e io mi affido a lui, come mai avrei pensato di poter fare con qualcuno che era un estraneo fino a poche ore prima. Si tira su il cappuccio della felpa che spunta dalla giacca e mi porge il suo colbacco, per ripararmi dalla neve. Ci incamminiamo per le strade ormai deserte, lui ridendo col naso all’insù e io con quello strano copricapo che ogni tanto mi scivola sugli occhi. È davvero un tipo particolare e ho questa strana e bellissima sensazione di conoscerlo da sempre e di potermi fidare di lui.
A un tratto, da un angolo buio, vedo spuntare due occhietti gialli che sembrano fissarci.
«Guarda, forse si è perso un gattino.»
Faccio per chinarmi ma quella cosa, che un gatto non è, corre via sfiorandomi le gambe e appena mi rendo conto di cosa sia davvero lancio un urlo. Il colbacco scivola sulla fronte privandomi della visuale e sto per scivolare nuovamente, quando due braccia forti mi sostengono e mi inondano di calore.
«Era un grosso topo, Juliette, ma ora è fuggito. Tranquilla. Ci sono io.»
Sono così scossa che mi appoggio sul suo petto, un gesto istintivo, di cui mi rendo conto un secondo dopo. Mi scosto imbarazzata e con il cuore in tumulto, ma lui sorride come se fossimo già legati da qualcosa di speciale e, sussurrandomi di non andare via, posa le sue labbra sulle mie.
Il mondo intorno si trasforma in qualcosa di meraviglioso e colorato, nonostante sia ormai tutto velato di bianco, tutte quelle emozioni che avevo accantonato negli anni esplodono in una luce accecante. Sento un rimescolio nel ventre e un calore che nasce dalle sue labbra morbide e si propaga ovunque.
Non riesco a crederci eppure sta accadendo: sto baciando un ragazzo che fino a un’ora fa era un perfetto sconosciuto e, per di più, rispondo al suo bacio con crescente passione. Sa di zucchero caramellato, di biscotto al cioccolato, sa di buono. Lui affonda le dita nei miei capelli, facendo cadere il colbacco a terra, ma a nessuno di noi due sembra importare.
Adesso i fiocchi sono di nuovo impalpabili come minuscole punte di neve e non si sente più il freddo dell’inverno.
Quando ci stacchiamo siamo entrambi stupiti ed emozionati, ci guardiamo come se cercassimo di riconoscerci perché non è possibile che tutto questo possa accadere così, per caso. Forse eri nei miei sogni, Hans, e io nei tuoi.
«Grazie, principessa, tu mi hai salvato» mormora al mio orecchio «Non ti dimenticare di me.»
«Cosa? Cosa?»
Un gruppo di ragazzini con i pattini a spalle arriva di corsa e ci travolge, qualcuno passa in mezzo a noi e ci divide, cerco di riprendere la mano di Hans ma non lo vedo più. Uno dei ragazzi mi viene contro e mi spinge facendomi perdere l’equilibrio. Vorrei urlare ma non riesco e cado sulla neve soffice, come un fiocco di neve al rallentatore, fino a quando sento un tonfo sordo e il mondo scompare di nuovo.

Sbatto le palpebre. La luce bianca è troppo forte e mi dà fastidio agli occhi.
«Dove sono?»
Intorno mia madre, mio padre e la mia sorellina Ellie.
«Juliette, ti hanno trovata svenuta in strada e devi aver battuto la testa. Ricordi qualcosa?»
Li guardo uno a uno, adesso spunterà anche Hans, sicuramente.
«Sì, certo. Ero caduta ma poi è arrivato un ragazzo, Hans, e mi ha offerto un caffè. Abbiamo passeggiato sotto la neve ma è arrivata un’orda di ragazzini e ci ha divisi e io sono… caduta… sì, caduta… nuovamente?» mentre lo dico mi rendo conto che qualcosa non va. I pensieri sono confusi, le immagini sono sbiadite, tranne per quello sguardo profondo che si posava su di me come una carezza.
Tutti intorno mi osservano straniti e io rimango muta a domandarmi perché anche a me il mio racconto sembra così strano.
Mio padre tossisce nervoso e ha l’aria preoccupata, mentre mi guarda alzando le sopracciglia.
«Cara, hai sognato. Sei caduta a pochi metri dalla fermata del bus e qualcuno ha chiamato i soccorsi e ti hanno portato qui.»
«A pochi metri? No, io…» mi blocco, deglutisco a stento e spalanco gli occhi cercando nei loro la verità «Chi? Chi ha chiamato i soccorsi?» sbotto in preda all’angoscia.
«Non sappiamo, cara.»
«Ma Hans… era così reale.»
Sono confusa, incapace di credere che sia stato tutto un sogno.
Non ho ancora il suo sapore sulle labbra? Penso sfiorandomi la bocca con la mano.
I miei escono per parlare col medico e chiedere se posso essere dimessa stasera stessa. Non voglio stare qui, voglio andare a casa e ritrovare le cose che conosco, reali e solide come le pareti della mia stanza, tappezzate di poster di famose ballerine. Voglio nascondermi sotto il piumino dipinto di nuvole rosa e pensare a lui, a Hans, e ritrovare ogni dettaglio nascosto nella mente.
Ellie è ancora seduta sul bordo del letto che mi osserva curiosa.
«Perché hai detto quel nome, Hans?»
«Nulla, un mio amico» alzo le spalle. È piccola, inutile spiegare perché sento una fitta nel cuore per qualcuno che forse non è mai esistito.
«Humm, un amico che si chiama come il principe?»
«Quale principe?» domando di scatto, mentre una leggera inquietudine serpeggia a quelle parole.
Ellie incrocia le braccia e mi guarda come se fossi impazzita.
«La favola, Juliette! La favola che mi hai raccontato, la storia del tuo balletto, ricordi? Lo schiaccianoci che in realtà è un principe di nome Hans, quello che deve sconfiggere il Re Topo e potrà farlo solo se una principessa si innamorerà di lui e sarà incoronato re del regno delle bambole!»
Oddio, no, non è possibile! Guardo la mia sorellina mentre tutto intorno crolla: è stato davvero solo un sogno! Ecco cosa mi ricordava il suo abito: lo schiaccianoci. E poi quel topo… la sua festa… No, non ci posso credere. Eppure quel bacio era così reale, il tocco della sua mano sulla mia, il suo sorriso. Invece no, è stata solo una splendida illusione.
Davvero è così disperato il mio cuore?
Sorrido a Ellie fingendo di stare bene, ma dentro mi sento persa come un fiocco di neve nel vento.

È arrivata la notte di Capodanno e io sono pronta.
I capelli raccolti sulla nuca, il trucco di polvere dorata, il tutù che pare fatto d’ali di fate e i piedi avvolti nella seta bianca.
Faccio un respiro profondo ed esco in scena. I primi secondi il cuore batte all’impazzata, so che la sala è piena di persone che mi stanno guardando e che le luci sono puntate su di me. Solo alcuni istanti, poi come sempre la musica mi avvolge e mi trascina con sé, i piedi si muovono senza che io li comandi, fluttuo leggera e col cuore che canta di gioia.
Questa è la mia vita e qui, su queste assi di legno, mi sento felice, anche se ho un’emozione in più nascosta in fondo al cuore che non se ne vuole andare.
Al termine è solo lo scroscio di applausi a riportarmi alla realtà. Torno dietro le quinte, felice, e mi fermo a guardare l’ultima scena, per poi uscire con gli altri e inchinarmi al pubblico.
Lo spettacolo è finito, sono in camerino a struccarmi quando qualcuno bussa alla porta. Sicuramente saranno i miei. Sorrido allo specchio mentre a voce alta li invito a entrare.

«Scusami io… volevo solo darti questo e… salutarti.»
Mi volto e lo vedo. Spalanco gli occhi più volte, cerco con la mano il bordo del tavolino per sentire qualcosa di solido che mi assicuri di non stare sognando. È lui, il mio principe Schiaccianoci, con un mazzo di rose bianche tra le braccia.
«Forse non ti ricordi di me. Ti ho trovato svenuta in strada e ho chiamato i soccorsi, solo che non mi hanno lasciato salire sull’ambulanza e non ho più saputo nulla. Poi però mi sono ricordato della tua borsa e del nome stampato sopra, quello della scuola di danza. Sai, a un certo punto hai anche farfugliato di un balletto di fine anno. E così…»
Allarga le braccia, sembra imbarazzato, ma il suo sorriso è bellissimo, caldo, coinvolgente e mi ricorda un bacio che sapeva di neve, anche se era solo un sogno.
«Sono contenta che tu mi abbia trovato, non sono riuscita a ringraziarti. Come ti chiami?»
«Jean.»
Aspetta, Hans e Jean… sono lo stesso nome.
«Jean, ma hai passato il capodanno qui solo per rivedermi?» chiedo sperando in una sola risposta.
«Sì, desideravo vederti ballare e poi ho fatto uno strano sogno e…» si passa una mano tra i capelli «comunque il balletto è stato bellissimo e tu sei bravissima.»
Sorrido riconoscente e sempre più confusa ed emozionata.
Non sto sognando adesso, lui è davanti a me.
«Jean, senti? Fuori stanno contando i rintocchi. Devo uscire, i miei mi staranno cercando per brindare insieme, dietro le quinte.»
«Certo, io…»
Sembra dispiaciuto, fa per andare ma lo trattengo per un braccio.
«No, che fai? Vieni con me a festeggiare, per favore. Ci sarà una cena per la troupe tra poco. Ci terrei tanto.»
Il suo sguardo si illumina.
«Volentieri.»

Usciamo dal camerino, proprio mentre sta per scoccare la mezzanotte. Un ballerino passa e ridendo ci mette tra le mani due calici, anche in sala tutti si sono alzati brandendo i bicchieri che erano stati distribuiti.
Io e Jean ci guardiamo negli occhi e all’ultimo rintocco i nostri calici tintinnano festosi e lui mi schiocca un bacio leggero sulle labbra. Basta quel leggero contatto per sentire una scarica elettrica dritta al cuore. Ci guardiamo come se entrambi ricordassimo sensazioni lontane e sono sicura che l’emozione è la stessa.
No, non è più un sogno ma è ugualmente meraviglioso.
Da lontano vedo arrivare i miei genitori con Ellie, intenta a mangiare una fetta di panettone più grande di lei.
Jean mi sorride e stringe appena la mia mano, sussurrandomi piano «Sono felice che ti sia ricordata di me, principessa.» 

 FINE



L'AUTRICE 
Manuela Chiarottino, è nata e vive in provincia di Torino. Ama pasticciare con il cernit, dipingere su ceramica o legno, e creare quadri di sabbia, uno dei quali è diventato la cover del suo primo romanzo autopubblicato Arriveranno le farfalle. Tra le sue pubblicazioni si annoverano: Un amore a cinque stelle (Triskell, 2016), Cuori al galoppo (Rizzoli 2016), Due passi avanti un passo indietro (Amarganta, 2016), Il mio perfetto vestito portafortuna (La Corte, 2016), Melodie del cuore (2016), Ancora prima di incontrarti (Rizzoli 2015), La sposa felice (Delos 2015), Non ditelo a Ella (Delos 2015), L'uomo perfetto (Delos 2015).

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18 commenti:

  1. Dolce e suggestivo. Un bellissimo racconto che fa rivivere i ricordi natalizi di bambina evocando lo Schiaccianoci e il desiderio di incontrare un dolce ed affascinante principe che ci aiuta. E l'amore a prima vista qui non guasta affatto.

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  2. Molto romantico e ben scritto, nello stile elegante di questa autrice che apprezzo e seguo da tempo. I sogni a volte diventano realtà...

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  3. Un racconto creato in modo originale con una scrittura pregevole che ci trasporta con un ritmo dolce in un'atmosfera fiabesca dove l’amore diventa una bellissima realtà...

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  4. Dolcissimo, una favola che ti catapulta in un mondo da sogno. Brava l’autrice!
    Francesca

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  5. Davvero un tuffo tra fantasia e realtà molto bello e dolce! Stupendo!
    Maria

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  6. Mi è piaciuto molto. Bravissima Manuela.

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  7. Un racconto dolce e delicato che ti catapulta nella magia della fiaba. Brava all'autrice.

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  8. Un bellissimo racconto ma non mi è piaciuto molto come è stato raccontato, non mi ha dato grandi emozioni

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  9. Troppo breve per coinvolgere, forse anche un pochino scontata la storia. Sarà che alle favole, anche da bambina, preferivo i romanzi rosa che rubavo a mia sorella ;-)

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  10. Una favola natalizia molto carina, nonostante la brevità non mi abbia permesso di affezionarmi ai protagonisti.

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  11. A me è piaciuto molto, l'ho trovato magico e originale, è vero che trasporta in un mondo di fiaba e sogno, e la brevità l'ho apprezzata perché faccio fatica a cellulare a leggere i racconti troppo lunghi. Per me 5 stelle sono meritatissime!
    Judith Sparkle

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  12. L'atmosfera magica pervade questo racconto natalizio che mentre leggevo,mi suggeriva le scene di un cartone animato, di quelli alla Candy Candy per intenderci. Davvero carino

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  13. racconto molto dolce anche se un po' cortino.

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  14. Dolcissimo e magico! Veramente molto molto molto carino. Compimenti Manuela!

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  15. Un bel racconto, purtroppo corto, scritto molto bene. Dolce e magico! Marina

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  16. Sembra una piccolissima favola piena di magia! Molto bello e adatto al periodo natalizio!

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  17. QUESTO RACCONTO MI E',PIACIUTO MOLTO MI HA RIPORTATO ALLA MENTE IL LIBRO PATTINI D'ARGENTO ANCHE SE CETAMENTE è DEL TUTTO DIVERSO.ELISABETTA

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  18. Ciao! Son riuscita a leggerlo solo ora ma mi ha scaldato comunque il cuore in questa giornata fredda. Una dolce favola che fa sperare e sognare. Grazie!
    Simo

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