Summer in Love 2017: " NELLA CITTA' DEL SILENZIO" di Miriam Formenti



Dopo aver visitato lo storico palazzo Falson, Roxy camminò ancora a lungo, e quando si fermò, all’inizio di una breve scalinata, si appoggiò a un muretto e ammirò lo splendido panorama tutto attorno… Mdina era così affascinante! L’antica capitale di Malta, con le sue viuzze, le antiche residenze signorili e i suoi bastioni medioevali era stupenda. Era chiamata con rispetto la città del silenzio, e a ragione.
Mentre osservava la facciata di un palazzo barocco, si trovò a pensare a come tutto, su quell’isola, fosse romantico e fiabesco; la dolcezza del clima, i colori, il mare di cristallo… Era arrivata a Malta tre giorni prima, a seguito di una decisione improvvisa appena terminato un incarico importante per l’agenzia pubblicitaria per cui lavorava, e non se n’era pentita. Era luglio, il caldo era secco e la brezza piacevole, mentre il resto dell’Europa andava a fuoco. Una vacanza presa per pura fortuna all’ultimo minuto, in un albergo senza pretese che, comunque, offriva un discreto servizio.
Chiuse gli occhi sospirando piano, godendo di quel vento gentile, e fu con fastidio che si riscosse udendo, a pochi passi da lei, un grido acuto.
Aprì gli occhi e vide una bambina di cinque o sei anni correrle incontro. Sbalordita, lasciò che la piccola le stringesse le braccia al collo e che si arrampicasse su di lei. Sentì la bocca morbida e umida baciarla sulla guancia e poi la testolina bruna posarsi nell’incavo della sua spalla.
D’istinto le fece una timida carezza sui capelli, e la piccola, come un cucciolo grato, sollevò lo sguardo per regalarle un sorriso felice.
― Oh… ― riuscì soltanto a dire senza sapere cos’altro fare. E guardando con aria di scusa la ragazza che accompagnava la bambina e che, ferma come una statua, la fissava perplessa, aggiunse imbarazzata: ― Non capisco…
La ragazza si riprese e la sua espressione si fece glaciale. ― La lasci, la prego.
― Non la sto trattenendo ― sussurrò Roxy in tono colpevole, pur sapendo di non aver fatto nulla per provocare quell’infantile, patetica manifestazione d’affetto.
L’altra la ignorò e si rivolse con dolcezza alla bambina.
― Lidia, tesoro, dobbiamo rientrare.
― Voglio stare con la mia mamma ― pianse la bambina, scuotendo la testolina e aggrappandosi più forte al corpo di Roxy.
― Lo so, ma è solo una signora che le somiglia. Vieni, ti prego.
La piccola sollevò la testolina e guardò Roxy negli occhi, come a chiedere conferma, mentre lei, muta e dispiaciuta, la ricambiava.
All’improvviso, sentendo un nodo stringerle la gola, desiderò non essersi fermata a riposare su quel muretto. Non avrebbe mai voluto vedere lo sguardo deluso e rassegnato di quella piccolina, mentre lasciava ricadere le braccia esili e, docile, con gli occhi azzurri pieni di lacrime, offriva la manina alla ragazza che era con lei.  
Respirò a fondo guardandole sparire oltre il portone del palazzo che soltanto pochi attimi prima aveva ammirato, poi si alzò di scatto. Doveva andarsene da lì, lontana da quella piazzetta, lontana dal dolore che si era trovata a immaginare e che lei stessa aveva provato quando, ancora molto piccola, aveva perso la sua mamma. Ricordava che le bastava vedere una donna snella, bionda con i capelli lunghi per correrle accanto, prenderle la mano e guardarla, cercando in quel viso sconosciuto i tratti tanto amati. Questo fino a quando, col tempo, aveva compreso che sua madre non sarebbe tornata mai più.
Raggiunse la fermata del bus con l’ansia di lasciare Medina, e una volta a La Valletta, in albergo, si sentì stranamente al sicuro, lontana da quella penosa sofferenza infantile.
Cenò in un ristorante a due passi dall’hotel, passeggiò in una viuzza piena di negozi senza trovare l’entusiasmo per fare degli acquisti e, infine, decise di tornare nella propria camera.
L’impiegato le diede la chiave e la informò che un signore l’attendeva nella hall, accennando a un tipo alto e bruno, con addosso un completo marrone e una maglia con scollo a V di un colore appena un po’ più chiaro, in piedi accanto a un tavolo carico di dépliant.
***
Avanzò verso di lui, che era rimasto fermo a guardarla e, chiedendosi chi fosse e cosa volesse, azzardò un incerto sorriso.
― Buonasera. Mi hanno detto che mi ha cercata, ma non la conosco.
L’uomo non ricambiò il sorriso. ― Sul serio? Stai facendo il gioco della smemorata? Vieni, dobbiamo parlare ― disse deciso, afferrandole un braccio e guidandola attraverso l’arco che si affacciava sul giardino.
Lei si fermò prima di varcare quella soglia, preoccupata. ― Non verrò da nessuna parte con lei! Se proprio deve parlarmi lo faccia qui.
Lui le lanciò uno sguardo ironico. Aveva occhi azzurri e luminosi, gelidi come la neve. Poi si guardò intorno.
Sedute su un divano ad angolo, tre ragazze stavano chiacchierando allegramente, mentre una coppia appena scesa dall’ascensore si stava avvicinando alla reception, lontana da loro appena pochi metri.
― Preferisco che quello che dobbiamo dirci resti fra noi. Immagino anche tu, nonostante finga il contrario. Ma se non ti piace il giardino e desideri salire nella tua camera, d’accordo.
― Crede sul serio che potrei invitarla nella mia stanza?
― Ricordo che lo hai già fatto almeno in un paio di occasioni ― replicò lui sarcastico. ― Tranquilla, non ti ucciderò, anche se mi piacerebbe. E non ti picchierò. Non vali nemmeno una denuncia. Fuori è soltanto più appartato. Del resto non credo che oggi tu sia venuta davanti a casa mia soltanto per guardare tua figlia. Sei sempre stata una pessima madre, e non capisco davvero come Lidia possa rimpiangerti ancora, dopo che l’hai abbandonata.
Roxy deglutì. Quindi, il gesto della bambina che aveva incontrato quel pomeriggio non era nato soltanto dalla fantasia e dal bisogno. In lei aveva visto davvero sua madre e bastava fare due più due per capire che anche quell’uomo credeva che lei fosse Laura.
Laura, che aveva lasciato la famiglia dodici anni prima senza più fare una telefonata, senza scrivere un rigo. Che si era resa introvabile, cambiando persino il numero di cellulare. Laura, incapace di amare, di provare rimorsi, rimpianti, che aveva trattato una figlia alla stregua di tutte le altre persone che erano entrate nella sua vita.
Sua sorella che, ovunque andasse, come un virus letale, faceva vittime.
Lei non aveva mai sofferto per la sua mancanza. Checché ne dicessero gli esperti sui gemelli, loro due non erano mai state unite, né complici. Tutto le divideva: modi di essere, di fare, di pensare. Laura era capricciosa ed egoista, a volte persino cattiva. Tutto quello che voleva, doveva essere suo, fossero giochi, vestiti… uomini. Era solita calpestare vite e sentimenti, salvo, poi, gettare al vento ciò che aveva ottenuto se non le interessava più. Cosa che accadeva puntualmente, purtroppo.
Respirò a fondo, e senza più discutere seguì l’uomo nel giardino. Poi, come se le forze le fossero mancate all’improvviso, si lasciò cadere su una poltroncina di vimini accanto a un cespuglio di fiori profumati e sollevò la testa per guardarlo. Chiunque fosse la detestava.
― Posso sapere come si chiama?
― Per favore! Non dirmi che non ti aspettavi una mia visita, non dopo il colpo di scena di questo pomeriggio ― riprese a dire lo sconosciuto. ― Ho faticato, però, a trovarti. Immaginavo fossi alloggiata in un hotel a cinque stelle. Come fai senza piscina e vasca idromassaggio privata? Hai già finito i soldi che ti ho dato lo scorso anno? Non hai ancora trovato un amante che soddisfi i tuoi bisogni?
― La prego, devo spiegarle… ― mormoro Roxy in tono incerto, a disagio. Lui non si era seduto, e da quella posizione le pareva ancora più alto e minaccioso. ― Non mi aspettavo una sua visita e davvero non la conosco, tuttavia…
Lui fece un mezzo sorriso carico di disprezzo.
― Sto al gioco. Sono Dom.
― E io non sono Laura ― disse la giovane donna di getto. ― Credo sia meglio chiarire subito che…
― Hai avuto uno sdoppiamento di personalità? ― la interruppe lui. Poi allungò una mano e le strinse il mento fra le dita. ― Questo faccino fresco ha l’aria davvero innocente. Poco trucco, capelli più corti, trecciolina… Sembri più giovane. Anche più trasandata, in quanto a questo.
Roxy arrossì, ma in fondo non le importava che avesse voluto offenderla. ― Lei è il padre della bambina?
― Dannazione, chiamala almeno per nome, non rinnegarla con le tue finzioni! ― sbottò lui, ritirando la mano e lasciandola ricadere lungo il fianco. ― Sei qui perché vuoi altri soldi, non è così? Quello che hai fatto questo pomeriggio è spregevole persino per te. Ma tanto lo sapevo che sei capace di tutto e che non mi sarei liberato di te tanto presto.
Come biasimare quell’uomo? Chi conosceva bene Laura, sapeva che sarebbe stata capace di sfruttare, senza una punta di rimorso, i sentimenti di una bambina bisognosa d’affetto e che avrebbe spremuto fino all’ultima goccia quell’uomo, come avrebbe fatto con un limone.
Limoni succosi
Erano parole di Laura, che lei aveva sempre considerato volgari e odiose. Le aveva pronunciate tante volte quando era ragazza. Voleva uomini ricchi che la mantenessero nel lusso, e sapeva bene come conquistarli.
― Sono la gemella di Laura. Non la conosco e non ho mai visto la bambina prima di questo pomeriggio. Non vedo mia sorella da dodici anni ed è stato per un caso fortuito che questo pomeriggio mi sia trovata in quella piazzetta. Sono una turista, ho visitato Mdina.
Lui scosse la testa e la guardò incredulo.
― Ora non sei più smemorata e tiri fuori dal cappello una gemella? Ma non eri sola al mondo, cresciuta in un orfanotrofio?
Laura aveva rinnegato la sua famiglia tanti anni prima; il suo mondo era fatto di bugie. ― Glielo ripeto, e posso dimostrarlo. Ha detto di avermi cercata nei vari alberghi della città, se avesse controllato il nome di battesimo, saprebbe che mi chiamo Roxanne.
Lui esitò, sorpreso, poi replicò duro: ― Non è impossibile cambiare il proprio nome.
― Forse, ma Roxanne è mio da sempre. Anche mio padre, se necessario, potrà testimoniarlo. Fino a quando non lo capirà, non potremo discutere.
Prima che Roxy potesse protestare, l’uomo si chinò per prendere la borsa che lei aveva posato sulla ghiaia, accanto alla sedia, e la rivoltò rovesciando tutto il contenuto sul tavolino. Prese il portafogli e controllò la sua patente, la carta di credito e persino le tessere sconto di alcuni negozi londinesi. ― Roxanne Delamere… ― disse piano. Dopo la guardò a lungo. ― Probabilmente solo Paul ti riconoscerebbe.
― E allora porti qui Paul ― disse lei piano.
Lui piegò la testa di lato, reprimendo a stento un’imprecazione. ― Paul è morto ― disse secco.
― Oh… mi dispiace ― replicò lei, mortificata per la gaffe.
― Davvero?
Dominic Austin la osservò a lungo. Quella ragazza era identica a Laura: il viso sottile, la bocca morbida e piena, gli occhi nocciola… tutto in lei parlava di quella strega eppure non poteva negare che avesse qualcosa di diverso. Era come se la deleteria affascinante aggressività di Laura fosse svanita; come se la sua bellezza si fosse fatta quieta all’improvviso. E aveva qualcosa nello sguardo che non aveva mai visto in Laura.
Strinse le labbra. ― Entro domani saprò di sicuro chi sei davvero ―. Dopo prese dal portafogli il suo documento e le carte di credito e se li infilò nella tasca della giacca, guardandola con sfida.
― Ma come si permette!
Roxy gli si gettò addosso, cercando di riprendersi i documenti, ma lui la bloccò con forza. I loro sguardi s’incrociarono e per un attimo la ragazza intuì che lui avrebbe voluto farle del male.
― Mi posso permettere tutto con te ― rispose lui. ― E non preoccuparti, riavrai tutto quanto.
― Sei solo un bastardo arrogante e maschilista. Approfitti della tua superiorità fisica per…
Lui la prese per le spalle e la scosse appena. ― Se volessi approfittare della mia superiorità fisica, probabilmente ti strangolerei.
― Oppure? ― replicò lei provocatoria, desiderando in qualche modo avere la meglio. Mentre la stringeva, aveva visto qualcosa in quello sguardo azzurro. Qualcosa che stranamente l’aveva fatta sentire donna.
Lui le lanciò una lunga, gelida occhiata. ― Forse non sarai Laura, ma certo le somigli molto e non solo nell’aspetto fisico.
Dopo se ne andò senza salutarla, lasciandola sola nel giardino.
***
Erano quasi le due del pomeriggio quando Roxy ricevette di nuovo la visita di Dom. Vedendolo avanzare verso il tavolo dove stava pranzando, provò un brivido sottile lungo la spina dorsale. Nonostante tutto non poteva negare che fosse uno degli uomini più attraenti che avesse visto. Sui trentacinque anni, possente, con un viso forse non bello, ma decisamente maschio dalla mascella squadrata, il mento deciso e la fossetta al centro. Lo aveva pensato la sera prima. Con rabbia, sì, ma questo non le piaceva affatto.
Lui la raggiunse e, dopo averla salutata, si sedette al suo fianco soltanto quando lei lo invitò a farlo, mostrando un’educazione che non aveva avuto la sera prima. ― E così, sembra che tu sia davvero la sorella di Laura.
― Sono felice che questo sia stato chiarito. Immagino che ora ti vorrai scusare.
Dom annuì. Roxanne aveva ragione, dopotutto. Poteva essere uguale in tutto alla sorella; ma non era Laura. Non era lei che aveva tradito Paul, non era lei che aveva abbandonato Lidia. Si scusò, quindi, poi, da una busta prese i suoi documenti e li posò sul tavolo.
― Laura non ci aveva mai detto di avere una gemella. Sapevamo solo che era per metà inglese e per l’altra francese, e che veniva dall’Indonesia.
― Indonesia? Era scappata lontano! ― commentò Roxy fredda. ― Ha vissuto a Londra fino a diciotto anni, poi se n’è andata con un australiano più vecchio di lei di quarant’anni, senza più farci avere sue notizie. Chissà, forse lo ha lasciato in Indonesia ― aggiunse stringendosi nelle spalle.
― C’è una punta di ostilità nella tua voce? Avevo sempre creduto che le gemelle pensassero all’unisono. A rifletterci, potreste essere d’accordo.
Roxy sospirò. Non si sarebbe mai fidato di lei. Un attimo dopo, però, si chiese perché avesse avuto quel pensiero. Che importanza aveva? Entro un paio di settimane sarebbe tornata a Londra, al suo lavoro. Però voleva sapere qualcosa di più della piccola. Credeva di averne il diritto, dopotutto. Non fece commenti, quindi, e subito chiese della bambina di cui non conosceva ancora l’età precisa.
― Ha cinque anni. Ѐ un anno intero che non vede sua madre, mi chiedo come possa averla riconosciuta soltanto guardandoti.
― I bambini sono molto sensibili. Ieri hai detto che Laura è stata una pessima madre, ma era sempre la sua mamma.
Lo sguardo che lui le lanciò la colpì. Era come se l’avesse guardata per la prima volta. Era come se avesse visto lei, e non Laura.
Si morse il labbro inferiore e chinò il capo. La sera prima, dopo che lui se n’era andato, aveva pensato a ciò che era accaduto, e si era fatta un quadro della situazione. Probabilmente era Paul il padre di Lidia, l’unico che avrebbe potuto riconoscere Laura. Di certo Dom era di famiglia, presumibilmente lo zio della bambina. Ricordando il faccino di Lidia, aveva pensato che avevano gli stessi occhi azzurri.
― Laura era sposata con Paul?
― No. E questa è stata una fortuna. Tua sorella era separata, forse dall’australiano di cui hai parlato, ma lui non le aveva mai concesso il divorzio. Ma avremo tutto il tempo di parlare di queste cose. Ti prego di finire di pranzare in fretta, devi venire con me. La bambina ha la febbre alta, e non fa che chiamare sua madre. Non ne sono felice ― ammise Dom senza mezzi termini ― ma ti vuole, e ti avrà.
― Dovrei fingere di essere Laura? ― replicò Roxy incredula.
― Perché no? Chissà quante volte lo avrete fatto da bambine. In ogni caso, solo fino a quando si rimetterà. Ѐ una bambina ragionevole, in futuro capirà.
― Ma ora non farai che alimentare i suoi desideri, le sue speranze. Dopotutto la ragazza che ieri era con lei, le ha detto che non sono la sua mamma.
 ― Ma ora sta male, ha bisogno di qualcosa. E sta così anche per causa tua!
Roxy gli ricambiò uno sguardo rabbioso. ― Questo è un colpo basso.
Al diavolo! Non gli importava e l’avrebbe ferita mille volte. Poteva essere diversa dalla sorella, e a occhio sembrava la versione angelica di Laura; ma lui non si fidava.
― Verrai? ― chiese secco, deciso a non discutere.
Lei allontanò il piatto. ― Lo farò per Lidia, ma appena starà meglio le dirò chi sono.
E poi se ne sarebbe andata, pensò Dom, proprio come aveva fatto la sorella.
***
Meno di mezz’ora dopo, Roxy metteva piede nello splendido palazzo che il giorno prima aveva tanto ammirato, ed entrava nella stanza di Lidia, che quando la vide, rossa in viso per la febbre alta, si sollevò a metà sul letto per spalancarle le braccia.
Rimase per ore in quella stanza, anche dopo che la piccola si fu addormentata. Poi la lasciò sotto la sorveglianza di Helen, la ragazza che aveva conosciuto il giorno prima e che si occupava da sempre della bambina. Seguì la cameriera, e raggiunse Dom in uno studio molto grande, arredato, con mobili antichi.
Lui stava scartabellando dei documenti e quando la vide, le ordinò di sedersi.
Lei strinse le labbra, irritata, e per principio restò in piedi.
― Lidia si è addormentata.
Lui sembrò non far caso al fatto che non si fosse seduta. ― Puoi restare qui, per un po’? ― chiese. Aveva apprezzato che Roxy fosse rimasta per tanto tempo con la bambina. Laura non lo avrebbe fatto.  
― Certo. Verrò da Lidia ogni giorno.
― Intendo qui, in questa casa.
Roxy esitò solo un attimo. ― D’accordo. Fra una decina di giorni dovrei riprendere a lavorare, ma se…
― Ma certo! Immagino che la tua carriera professionale sia più importante di tua nipote ― disse lui freddo, interrompendola.
Roxy arrossì, ma altrettanto secca riprese: ― Stavo dicendo che se ci fosse bisogno di qualche giorno in più mi fermerei. Per quanto riguarda il lavoro è importante, sì. Mi mantengo fin dai tempi dell’università e ci tengo a continuare a farlo. A me non piace chiedere denaro! ― Dopo, emettendo un lungo sospiro, aggiunse: ― Voglio chiarire, perché in caso contrario non riuscirei a stare nemmeno un’ora in più in questa casa. Io non sono mia sorella e non abbandonerò mia nipote, anche se la conosco da un giorno. Tuttavia non fingerò di essere sua madre, e non appena si sarà rimessa, dovrà sapere. Voglio anche informare mio padre che è diventato nonno. Ora è in Venezuela per lavoro.
Lui parve seccato e lei ne intuì il motivo.
― Non avrai fastidi da lui; vive all’estero sei mesi l’anno. Non sarà un nonno a tempo pieno, tuttavia è un uomo gentile e sarà felice di conoscere sua nipote.
― Va bene. Sono d’accordo con te che Lidia conosca la verità. Aspettiamo solo che si riprenda. Ѐ una bambina ragionevole e nemmeno io desidero alimentare la sua illusione. Senza contare che non desidero vedere madre e figlia riunite. Sarebbe per breve tempo, perché poi Laura l’abbandonerebbe di nuovo. Tua sorella è una prostituta di lusso dal cuore nero.
Roxy incassò in silenzio. Qualche volta l’aveva pensato anche lei. ― L’hai pagata perché se ne andasse? Dimmi almeno cos’è accaduto.
Lui fece una smorfia. ― Una storia come tante, in fondo. Ha tradito mio fratello e un giorno ha fatto le valige e se n’è andata. Ѐ stato più di un anno fa. Ѐ tornata dopo la morte di Paul e le ho dato del denaro perché continuasse a stare lontana.
Don rimase silenzioso per qualche secondo, ricordando quei momenti. Non aveva creduto nemmeno per un momento che Laura volesse la bambina, tuttavia aveva scelto di non rischiare, e l’aveva liquidata con molto denaro in cambio della firma sul documento in cui rinunciava alla potestà genitoriale.
― Ho già fatto preparare una stanza per te. Non sarà una vacanza, ma qui abbiamo tutto, dalla piscina a una piccola palestra.
Roxy lo guardò sorpresa. Come mai si era sentito così sicuro che lei avrebbe accettato. E quando incontrò il suo sguardo, ebbe la sensazione che lui si stesse facendo la stessa domanda.
***
Affrontarono lo spinoso argomento con Lidia pochi giorni dopo e, stranamente, lei non ne fu ferita come avevano temuto. Alina Francis, amica di famiglia e psicologa infantile che l’aveva seguito la piccola dopo la morte del padre e l’abbandono della madre, aveva sperato in quella reazione. E non aveva neppure ritenuto negativo l’incontro con Roxy, anche se Dom non era d’accordo. La reazione della bambina aveva rivelato delle fenditure sotto uno strato d’incosciente tranquillità, che sarebbero potute diventare spaccature molto profonde in futuro. E proprio quella sera, a cena, dopo che Lidia era stata messa a letto, suggerì che Roxy restasse ancora un po’ di tempo sull’isola.
― Che ne pensi? Resterai ancora o partirai la prossima settimana, come previsto? ― chiese Dom a Roxy, quando l’amica se ne fu andata.
― Proprio oggi ho chiamato il mio capo. Mi ha concesso una decina di giorni di permesso. Partirei, quindi, ai primi di agosto.
― Credi di sistemare il cuore di Lidia in una settimana? ― chiese lui con una punta di rabbia.
― No, ma almeno ho dieci giorni in più. Vediamo come va ― replicò irritata e con il cuore pesante. Lui la detestava, anche se sapeva che non era Laura, anche se non si comportava come Laura.
― E’ un problema di denaro? Hai detto che ti mantieni da sola. Quanto guadagni? ― sbottò lui. ― Ti darò dieci volte tanto per tutto il tempo che resterai. Immagino che più avanti non ti sarà difficile trovare un altro posto di segretaria o quello che diavolo fai.
Roxy era una creativa. Guadagnava bene e recentemente era riuscita a comprarsi un appartamentino a Chelsea, di cui andava molto fiera.
― Ma se t’infastidisce soltanto avermi per casa! Ora vuoi addirittura comprare il mio tempo? Comunque non accetterò denaro da te. Resterò fino a quando potrò, per Lidia.
― E per chi altri! Se soltanto tu non fossi venuta qui.
Non era la prima volta che lui lo diceva.
― Ormai è accaduto, e per quanto mi riguarda, sono felice di aver scoperto di avere una nipote. Sto comunque riflettendo che potrei portarla con me per qualche tempo a Londra, così comprenderà che non la sto abbandonando ― E in quanto a questo ci aveva riflettuto davvero. Non aveva idea di come gestire il lavoro e una bambina così piccola, c’erano giorni che aveva orari impossibili; ma moltissime donne ci riuscivano e poteva farcela anche lei. A Londra c’erano ottime scuole e poi avrebbe potuto assumere qualcuno che si occupasse di andarla a prendere e di stare con lei fino al suo ritorno a casa.
― Non ci provare! ― disse Dom in tono minaccioso. ― Non lo concederò mai ―. Poi, come se quella conversazione non fosse mai avvenuta, si alzò, avvicinò all’armadietto dei liquori e le offrì un drink.
― Non bevo alcolici.
― Sì, l’ho notato, non bevi nemmeno un goccio di vino. Uhm… ma sei proprio perfetta. Non fumi, non bevi… scommetto che non fai nemmeno sesso, al contrario di tua sorella; anche se questa eventualità non è da considerarsi una perfezione dal momento che lei lo fa con tutti.
― Hai tenuto il conto? ― replicò gelida. ― Non ho ancora capito se sei stato innamorato di lei.
Dom si voltò a guardarla feroce. ― Innamorato… se avessi capito subito che stava cercando l’oro e che stava rimbambendo mio fratello, avrei fatto in modo di mandarla via subito. Io non m’innamoro delle prostitute.
Roxy strinse le labbra e arrossì, come se quell’epiteto fosse indirizzato a lei.
― Va al diavolo! ― sbottò decisa ad andarsene.
Lui la fermò prima che aprisse la porta. La spinse contro e posando i palmi aperti sul legno, le impedì di muoversi, bloccandola col proprio corpo. ― Ho il diritto di odiarla, Roxy. Lei ha fatto del male a sua figlia, ha tradito e abbandonato Paul…
― Ma io sono solo sua sorella! Sono un’altra persona! Penserai che un giorno Lidia possa diventare come lei, soltanto perché è sua figlia? Sarò imperfetta in mille cose, ma non sono lei! Non disprezzo i sentimenti degli altri e non me ne infischio di tutto. Credi che non l’abbia odiata anch’io, qualche volta? Nostro padre ha avuto un brutto incidente, quattro anni fa; nel delirio l’ha chiamata fino a non avere più voce, e lei non c’era, era introvabile.
L’espressione di Dom cambiò. Lei stava piangendo e lui si sentì in colpa per aver provocato quelle lacrime. ― Mi dispiace ― bisbigliò. ― Dannazione… mi dispiace!
Con delicatezza le asciugò le lacrime con le dita. Un gesto gentile, che si trasformò presto in una carezza. 
Neppure per un attimo la giovane donna pensò di sfuggirgli ancora. Si sentiva fragile, priva di forze con lui così vicino. Sospirò e lasciò che la mano dell’uomo scivolasse dolcemente verso la gola, in una sensuale carezza.
Dom abbassò l’altra mano, la passò dolcemente su una spalla per poi farla scendere piano lungo la schiena, dopo l’attirò a sé, con forza.
Quando si era reso conto di desiderarla? Non avrebbe mai creduto di essere attratto fisicamente da una donna così simile a Laura e di cui, in realtà continuava a non fidarsi. Non escludeva, infatti, la possibilità che le due sorelle fossero d’accordo, riguardo a un fine che poteva comprendere soltanto il denaro. Eppure la voleva. Con rabbia le cercò le labbra, ma mentre la baciava quel sentimento svanì per lasciar posto a una strana pace e alla passione.
Roxy credeva di non essersi mai sentita così languida e disponibile fra le braccia di un uomo; e a quel bacio, carico di desiderio e promesse, lei si lasciò andare completamente. Soltanto quando riaprì gli occhi, ritornando sulla terra, fu improvvisamente consapevole di avergli cinto la nuca con le braccia e di esserglisi incollata addosso nella ricerca di sensazioni più profonde.
Dom la guardò a lungo prima di lasciarla. Poi, con quella sua voce profonda che la sconvolgeva fino in fondo all’anima, mormorò: ― Sono pazzo.
Forse lo erano entrambi, ma era stato così bello. Se dopo quel bacio lui le avesse chiesto di lasciarlo entrare nella sua stanza, lei avrebbe acconsentito.
― Ѐ meglio che tu vada ― disse Dom, consapevole di aver sperimentato sensazioni che non voleva provare.
Lei annuì. “Dopotutto è stato solo un bacio” penso. “Solo un bacio a cui non devo dare importanza”. Un bacio che lui era pentito di averle dato.
Cercando di fermare il tremito che aveva dentro, annuì. Stava per varcare la soglia, quando ricordò che aveva promesso a Lidia di portarla a fare acquisti a La Valletta. Voleva chiedere il consenso a Dom quel pomeriggio, ma poi era arrivata Alina.
― Vorrei portare Lidia con me a fare shopping, domani. Andremmo in bus, e lei è entusiasta.
― Gliel’hai già promesso senza chiedermelo?
― Te lo sto chiedendo ora!
Lui decise di rinunciare a discutere. Annuì con un gesto leggero della testa e le apri la porta, lasciandola andare.
***
A Roxy piacque molto accompagnare Lidia a fare compere, e si divertì molto a farle provare jeans e magliette. Non aveva mai fatto nulla del genere tuttavia, col sorriso e col rimpianto, le era capitato spesso di soffermarsi a guardare scarpine e vestitini per bimbi. Era ben consapevole di tenere alla sua carriera, ma, anche, di non avere un uomo che le facesse desiderare di progettare un evento così importante. Aveva avuto alcune storie ed era stata innamorata, naturalmente, ma non abbastanza da permetterle di realizzare quello che considerava un sogno.
A metà pomeriggio entrarono in una pasticceria e lì trovarono Dom, seduto a un tavolino con una signora di mezza età.
La bambina corse ad abbracciarlo e Roxy provò un’irresistibile tenerezza nel guardarli insieme. Ecco un padre che avrebbe voluto se avesse deciso di avere un figlio.
Con Lidia in braccio, Dom la raggiunse e la pregò di unirsi a lui e alla sua compagna, spiegandole che Eleonor era una cliente del suo studio legale, ma anche un’amica di famiglia.
La signora si mostrò gentile e bendisposta con lei, tanto che, prima di salutarla, la invitò alla festa che avrebbe dato nella sua casa la sera dopo.
Roxy esitò e la signora, mentre prendeva fra le mani la sua elegante borsa firmata e si alzava dalla poltroncina, le sorrise amabile.
― Se resterà per un po’ a Malta, è opportuno che tutti i nostri amici la conoscano per quello che è: Roxanne e non Laura. E domani ne conoscerà qualcuno.
― Sembra che tu le piaccia. Ѐ strano, perché non sopportava tua sorella ― disse Dom quando furono soli, mentre Lidia era distratta dal cagnolino di una signora seduta con un’amica al tavolino a fianco.
Roxy gli restituì uno sguardo irritato. ― A qualcuno riesco a piacere, sì.
― Non ne dubito. Cos’hai comprato?
― Qualcosa per Lidia e per i miei amici. Mi è piaciuto tanto portarla con me. Se avessi una figlia, la vorrei come lei.
Lui accennò un sorriso, e, forse perché era la prima volta che le sorrideva, Roxy provò un’assurda sensazione di gioia, come se avesse appena ricevuto un premio.
― Hai qualcuno a Londra? ― chiese poi all’improvviso, di nuovo serio.
Lei non rispose e Dom si pentì immediatamente di averle fatto quella domanda. Perché voleva saperlo? Roxy poteva avere tutti gli uomini che voleva. Poteva… ma soltanto pensarlo lo irritava. Cosa diavolo gli stava accadendo? Perché provava quella dannata voglia di lei? Perché si sentiva così attratto da una donna tanto fisicamente simile a un’altra che non aveva mai desiderato, che aveva detestato e che aveva persino respinto? Decise di sfuggire a quei pensieri facendolo anche da lei. Si scusò quindi, dicendo di avere un impegno urgente in studio, e la lasciò.
Sospirando, lei lo guardò allontanarsi. Che stupida! Si sentiva come se avesse perso un’occasione. Avrebbe voluto rispondergli, poco prima, e dirgli che se avesse avuto qualcuno d’importante non avrebbe risposto al suo bacio con tanto entusiasmo. Ma sarebbe stato come rivelargli i suoi sentimenti, che erano confusi, sì, ma così insistenti da parere veri.
***
L’entrata di Roxy a fianco di Dom, nel salone della villa di Eleonor, suscitò una certa curiosità in alcuni degli ospiti, e soltanto a questi, dopo averla presentata, la loro ospite spiegò che si trattava della sorella di Laura, a Malta in visita alla nipotina.
Erano persone educate; conversavano col sorriso sulle labbra, chiedendo se trovava gradevole il soggiorno sull’isola, se aveva visitato questa o quella località e, i meno discreti, se la bambina era stata felice di conoscerla. Lei, tuttavia, non riuscì a essere disinvolta come avrebbe voluto. Cosa pensavano, davvero? Si chiedevano se anche lei fosse una dannata egoista come Laura? Per fortuna fece anche la conoscenza di qualcuno che non aveva mai incontrato sua sorella, come Anne, la moglie di un caro amico di Dom, con cui chiacchierò per molto tempo.   
Era rimasta temporaneamente sola, sorseggiando un drink analcolico nei pressi della piscina, quando le si parò davanti un uomo che non le era ancora stato presentato e che forse era arrivato da poco. Era piuttosto attraente, di media altezza, su quarant’anni, biondo, con i capelli lunghi e il pizzetto.
― Sei tornata… ― disse lui. Era stupito, ferito, forse. ― Perché non me l’hai detto? Perché non mi hai più chiamato?
Un amante di Laura? L’uomo con cui aveva tradito Paul, forse? Probabilmente sua sorella lo aveva ignorato di proposito dopo aver lasciato Malta, proprio come aveva fatto con tutte le persone che non le interessavano più.
Lui allungò una mano per sfiorarle una spalla, e Roxy fece un passo indietro, sfuggendogli.
― Non sono Laura.
― Mi vuoi prendere in giro? ― L’uomo fece un altro passo verso di lei e le afferrò la mano. ― Dio quanto mi sei mancata! Perché non mi hai voluto vicino. Avrei fatto tutto per te.
― Sì, probabilmente Laura lo sapeva, ma se n’è infischiata, Stevenson ― S’intromise Dom, che non avendo visto Roxy nel salone l’aveva cercata all’esterno. ― Vuoi lasciarle la mano, per cortesia, altrimenti mi dimenticherò di essere in casa d’altri. Dopotutto ti avevo già avvertito una volta di non intrometterti più nella mia famiglia.
― Lascia parlare Laura ― replicò Stevenson, rabbioso.
Roxy arrossì. ― Lo farò. Le ripeto che non sono Laura, ma sua sorella ―. Sospirò rassegnata, era stanca di dirlo. ― Vorrei tornare a casa, Dom ― disse poi, volgendo le spalle all’ex amante di Laura, che, senza parole, continuava a guardarla sconcertato.
Senza altre scenate, dopo aver salutato la loro ospite, lasciarono in fretta la villa. In auto rimasero in silenzio, persi nei loro pensieri, poi, prima di superare la porta per entrare a Mdina, Dom fermò l’auto sul ciglio della strada e si voltò verso di lei.
― Ѐ stata dura?
― Abbastanza. Sono stati tutti cortesi, lo so, ma…
― Comunque, ora sanno chi sei e non ci saranno più pettegolezzi in futuro. In quanto a questo, Eleonor ha avuto ragione.
― Non dev’essere stato facile nemmeno per te.
― Non come credi. Ho dovuto soddisfare solo qualche domanda. Devo dire che almeno un paio dei nostri amici hanno notato la somiglianza fra voi soltanto dopo aver sentito qualcun parlare di te e Laura. Siete diverse nel modo di vestire e per come portate i capelli. Tua sorella li aveva chiarissimi e lunghi. Ammetto che quando entrava in una stanza faceva un certo effetto vederla con i capelli sciolti e con addosso quei vestiti provocanti. In bikini sembrava una top model degli anni ’70.
Roxy rise e guardò le curve morbide del suo seno, per nulla prosperoso. ― Presumo si fosse fatta fare una plastica. Era uno dei suoi sogni fin da quando eravamo ragazzine. Non ho mai avuto i suoi desideri e, infatti, quando mi hai vista, tu hai detto che ero trasandata.
― Volevo soltanto mortificarti… Volevo mortificarla ― si corresse. ― Ѐ presto. Vuoi fare qualcosa prima di tornare a casa?
“Stringermi a te e baciarti fino allo sfinimento?” pensò lei con una punta d’umorismo. ― Perché no. Mi hanno detto che Rabat è una cittadina molto vivace ― disse invece, quasi timida.
Lui l’accompagnò in un locale molto suggestivo, e poi, quando lei gli disse che quasi non era ancora riuscita a vedere il mare dell’isola, la portò a parecchi chilometri da lì, su un promontorio da cui si vedeva una baia, con la sua sabbia bianca illuminata dalla luna.
― Ѐ meraviglioso, qui.
― Sì ― disse lui, guardando però la figuretta snella al suo fianco, con quei fili biondi che le sfioravano il collo e che facevano da cornice al volto dai tratti perfetti.
Roxy si voltò e incontrò il suo sguardo. ― Era il suo amante? ― sussurrò ricordando Stevenson. Ha detto che l’amava, ma non è vero ― aggiunse. ― Non ha saputo neanche riconoscerla. Credo che Paul, avrebbe capito subito che non ero Laura.
E aveva ragione, pensò l’uomo guardandola ancora a lungo. Ora che aveva imparato a conoscerla, anche lui avrebbe saputo riconoscerla da sua sorella.
― Sì. Paul era pazzo di lei e ha sofferto molto quando se n’è andata ―. Guardò verso il cielo stellato. ― A volte mi domando se, davvero, il suo sia stato un incidente. Se penso che quella sera gli avevo detto che doveva comportarsi da uomo e smetterla di frignare per una donnaccia…
A Roxy parve di sentire il suo dolore. Era stata Laura a ferire tutti, ma ognuno aveva i propri dubbi e rimpianti. E Dom si portava dietro quel rimorso da molto tempo. D’istinto gli sfiorò una guancia con la mano.
― Non devi pensare a questo. Non farlo, ti prego.
Lui le prese la mano e la baciò.
Un gesto tenero, che le fece battere più forte il cuore. Gli si fece ancora più vicina. ― Dom… ― bisbigliò. ― Io non so come, ma…
Anche lei lo desiderava? “Al diavolo tutto” pensò l’uomo. Dopo la strinse a sé, cercandole le labbra, prima con dolcezza e poi con crescente passione.
Baci a cui nessuno dei due voleva, o poteva resistere.
― Vuoi… venire con me? ― chiese infine, staccandosi appena, accarezzandole lentamente la schiena e facendole desiderare di essere nuda per lui, pronta a essere posseduta.
Non avevano bisogno di altre parole per capirsi, bastavano i loro sguardi; e quando furono a Mdina, chiusi nella stanza di Dom, accarezzati dall’aria fresca della notte, non furono presi da assurdi ripensamenti né dalla frenesia. Erano un uomo e una donna che si desideravano e che volevano amarsi, con calma, godendo attimo dopo attimo l’uno dell’altra. Erano un uomo e una donna che si donavano, senza ipocrisie, cercando, senza saperlo, l’amore.
***
Il giorno dopo Dom la portò in barca a vela e le mostrò i miracoli della natura intorno alle isole di Gozo e Comino. Trascurando un po’ il suo lavoro, poi, nei giorni seguenti le fece visitare l’isola, e le sue zone nascoste, quelle che, spesso, i turisti non scoprivano.
Lidia era sempre con loro, felice come nessuno l’aveva mai vista da molto tempo; ma le notti erano per loro due, romantiche e appassionate come in un sogno da cui Roxy non avrebbe voluto svegliarsi mai.
La chiamata del suo direttore da Londra la fece cadere presto dalla nuvola rosa su cui si dondolava. Non le concedeva altro tempo. Stavano avviando una campagna importante e la voleva a Londra.
La sua amata Londra, che in quel momento le pareva lontana ed estranea. La sua città, con quel suo appartamento di cui andava tanto fiera, e che ora era soltanto un luogo solitario in cui si rifugiava la sera. Tutto quello che voleva, era Dom, che ormai era certa di amare. Dom, che riempiva i suoi giorni e le sue notti. Non riusciva nemmeno a immaginare di non stare più fra le sue braccia, non sentire più le sue labbra sul suo viso, sul suo corpo.
Voleva Dom, e voleva Lidia.
Ma che altro avrebbe potuto fare se non tornare a casa? Se pensava con raziocinio alla sua situazione, dimenticando desideri e rimpianti, sapeva che non stava vivendo la sua vita in quella casa. E sapeva anche che la storia che aveva con Dom era troppo recente da definire.
― Sei triste, zia? ― Lidia entrò in salotto, e subito le si arrampicò in braccio. ― Perché?
― Devo tornare al mio lavoro, tesoro.
― Ma preferisci il tuo lavoro a me?― Chiese innocentemente la piccola.
Roxy la guardò in silenzio.
― Rispondile! ― disse Dom, che era entrato nella stanza in quel momento. La voce era ruvida, come le pareva di non averla mai sentita prima, neppure quando lui credeva di parlare a Laura.
― No, tesoro, non più di te, ma devi cercare di capire… ― sollevò lo sguardo su Dom, che si era portato davanti a loro. Anche lui avrebbe dovuto cercare di capire. ― Tornerò prestissimo. Prima ancora che tu ti sia accorta che sono partita. Mi prometti che non piangerai? Potremo parlarci al telefono, e vederci attraverso il computer. Che ne dici?
La piccola la guardò rassegnata e lei desiderò mettersi a piangere. Aveva già subito tanto, povera piccola. Troppo. Quel suo sguardo sembrava dire: va bene, ma tanto lo so già che non sarà così.
Con una scusa, Dom riuscì ad allontanarla, poi restò lì, in piedi, guardando fisso Roxy con aria truce. E così se ne andava davvero! Chissà perché aveva creduto, invece, che l’avrebbe trovata sempre lì, ad aspettarlo. Un dannatissimo lavoro era davvero più importante di tutto? Di lui, di Lidia? Era consapevole, certo, che la situazione non era facile. Lei rivoleva la sua vita, e lui non avrebbe più voluto ridargliela.
― Ho dei problemi, Dom ― disse Roxy cercando di difendersi. ― Il mio capo mi ha detto che mi licenzierà se non rientrerò subito. Gli avevo chiesto un’aspettativa di sei mesi, ma non me l’ha concessa. Tornerò a Londra e gli parlerò di nuovo.
― E se lui rifiuterà ancora una volta, tu resterai là? Che t’importa di quello che vuole? Ci sono io a pensare a te, e Lidia non vuole perderti.
Roxy sospirò. Si sarebbe fatta mantenere come piaceva a Laura? Era assodato che Lidia non voleva perderla, ma lui? Per lui era lo stesso? Se soltanto avesse usato altre parole… parole che avrebbe voluto dire lei stessa.
― Non posso. E se Lidia venisse con me? Capirebbe che non la sto abbandonando. Solo per un paio di settimane, concedimelo, ti prego, e tutto andrebbe a posto. Potrebbe accompagnarci anche Helen.
― Ѐ questo che hai sempre voluto fare; portartela via, non è così? ― replicò ruvido. ― Non avrai la bambina, dannazione!
― Neppure per pochi giorni, come se fosse una vacanza? E per farla felice? ― gridò Roxy. ― Mio Dio, Dom, nonostante quello che c’è stato fra noi non ti fidi di me? Pensi che essendo la sorella di Laura ti giocherò qualche brutto tiro? ― Si avvicinò alla porta e con rabbia la spalancò. ― Non... voglio più parlarti.
Lui non la fermò ― Come vuoi. Tu vattene, non m’importa, ma la bambina non lascia Malta.
Roxy si voltò. ― Potrei convincerla a venire! Mi sarebbe facilissimo, sai? Non saresti più il suo eroe, poi, se rifiutassi di acconsentire ― disse vendicativa, ma senza in realtà pensarlo.
― E questo non sarebbe un brutto tiro?
― Dom…― sussurrò lei pentita.
― Va’ al diavolo!
E così era di nuovo guerra; una guerra che, però, non sarebbe durata più di un giorno, ormai.
Roxy parlò di nuovo alla piccola della sua imminente partenza, promettendole che sarebbe tornata prestissimo, e decisissima a mantenere. Prenotò un volo per il giorno seguente, e quella notte la passò sveglia, aspettando che lui la cercasse, desiderando raggiungerlo, consapevole, però, che se entrambi avessero mantenuto la stessa posizione non sarebbe cambiato nulla.
Il mattino arrivò anche troppo in fretta. Scendendo scoprì che Dom aveva portato Lidia in barca per distrarla e lei, dopo aver salutato tutti, si trovò anche troppo presto sola all’aeroporto.
Aveva già fatto il check˗in e sentì lacrime brucianti salire agli occhi quando udì annunciare il suo volo. Doveva alzarsi, ma non voleva. E non lo fece neppure quando l’annuncio fu fatto una seconda volta. Sapeva che se non fosse partita avrebbe perso un lavoro che le piaceva molto, ma quel lavoro valeva i baci di Dom e gli abbracci di Lidia? Valeva l’amore? Conosceva entrambi da poche settimane, ma ormai erano la sua vita.
Se fosse rimasta a Malta e avesse trovato un lavoro qualsiasi, non sarebbe diventata l’amante mantenuta di Dom… Non sarebbe stata come sua sorella.
Si alzò di scatto e corse verso la porta d’uscita, che non le fu permesso oltrepassare immediatamente come avrebbe voluto. Finalmente nella hall si fermò e prese il cellulare per chiamare Dom. E proprio in quel momento trovò il suo messaggio.
‘Sono all’aeroporto, ti sei già imbarcata?
‘Non l’ho fatto’ rispose. Aveva il cuore in gola. Si guardò intorno per cercarlo e lesse un altro messaggio.
‘Mi dispiace per ieri. Vorrei che non partissi, ma se devi, fallo. Ti raggiungerò a Londra fra qualche giorno con Lidia e la lascerò con te quanto vorrai. Ti amo, non voglio perderti. Avremo un amore a distanza.
Roxy emise un sospiro felice.  ‘Non voglio un amore a distanza. Voglio averti sempre accanto. Ho scelto di restare e ho lasciato il posto d’imbarco pochi minuti fa. Sono nella hall.
Lo cercò ancora con lo sguardo e lo vide.
― Anch’io ti amo tanto ― sussurrò quando fu finalmente fra le sue braccia.
Lui la baciò. ― E allora vieni a vivere con me…  per sempre.  
Roxy annuì. Era tutto quello che voleva. E accanto a lui, mano nella mano, si diresse verso l’uscita mentre il suo volo veniva annunciato per l’ultima volta.
 FINE

CHI E' L'AUTRICE

Essendo di animo romantico, Miriam Formenti ritiene che il suo futuro di scrittrice sia stato influenzato dall’atmosfera magica che sprigiona dall'antica fortezza che sorge al centro della sua città natale, sulla sommità di un colle. Quando, ancora ragazzina, percorreva le gallerie del castello, o sostava vicino a un vecchio pozzo, le pareva quasi di vedere cavalieri con lucenti armature e dame vestite di seta che si facevano loro incontro. Così inventava storie ricche di amori, duelli e rapimenti, senza, tuttavia, mettere mai nulla su carta. Ha iniziato a scrivere soltanto intorno ai trent’anni, quasi gioco, senza immaginare che, un giorno, avrebbe fatto delle sue fantasie una professione. Miriam ha pubblicato parecchi romanzi storici e contemporanei con importanti case editrici e per moltissimi anni ha collaborato con riviste femminili a diffusione nazionale, scrivendo più di quattrocento fra romanzi brevi e racconti.

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15 commenti:

  1. Oh... che dolce risveglio... il racconto e' bellissimo, ma d'altronde Miriam Formenti non si smentisce mai. Il racconto mi ha stretto il cuore e mi ha fatto emozionare alla fine. Che dire se non Woww!!

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  2. Grazie Francy per la pubblicazione del racconto e per la scelta di questa bella cover.

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  3. Lo stile mi è piaciuto, ma la storia no essendo un racconto.... Probabilmente, in un romanzo, con i giusti tempi per sviluppare la storia e i personaggi, mi avrebbe fatto lacrimare gli occhi. Magari, in un futuro... Chi lo sa se si potrà avere un romanzo su Dom, Roxanne e Lidia

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    1. Cara Alessandra, non credo che trasformerò mai questo racconto in un romanzo. Grazie per averlo letto. Miriam

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  4. Un racconto dolce, struggente e delicato. Mi sono piaciuti il senso di protezione di Dom e la sensibilità e la delicatezza di Roxy. Complimenti all'autrice.

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  5. Mi è piaciuto molto. Floriana.

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  6. Bellissimo!!! Scrivere un racconto breve così emozionante, coinvolgente, passionale e dolce non è da tutti. Complimenti!!! Mi è piaciuto tantissimo.

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  7. Bellissimo!!! Scrivere un racconto breve così emozionante, coinvolgente, passionale e dolce non è da tutti. Complimenti!!! Mi è piaciuto tantissimo.

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  8. Grazie a tutte, ragazze, per aver letto il racconto. Sono felice che lo abbiate trovato gradevole. Miriam

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  9. Bello! Ancora una volta apprezzo l'opera di Miriam Formennti. Anche se si tratta solo di un racconto, lo stile e l'ambientazione sono eccellenti.

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  10. la storia è decisamente complessa e starebbe proprio bene in un romanzo vero e proprio, ma l'autrice è stata brava a condensare tutto in poche righe. ho trovato la trama originale e il racconto mi è piaciuto molto, anche se il finale è forse molto affrettato, ma mi ha comunque fatto emozionare. quest'anno la scelta è decisamente difficile!!!

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  11. Vi ringrazio, care amiche.
    Miriam

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  12. Wow mi è piaciuto un sacco!
    L'incontro"per caso" con la nipotina di cui nn sapeva l'esistenza, la gemella perfida, il cognato pieno di rabbia e fascino che, ammetto, ho odiato inizialmente per l'atteggiamento arrogante :-D
    Scritto bene, mi ero appassionata tanto che avrei voluto continuare a leggere la storia di dom e roxy *_*

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  13. La scrittura è scorrevole ma ho trovato irreale la storia, queste due gemelle identiche senza che l'una sappia dell'altra...insomma non mi ha entusiasmato e anche la storia d'amore è un po' tiepida

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